mercoledì 10 ottobre 2012

Una telefonata.
Sei tranquilla o almeno apparentemente lo sei. Non puoi permetterti di mostrarti sofferente, tanto nessuno capirebbe. La vita scorre tra la solita quotidianità ed attimi di solitudine che riesci a dedicarti, durante i quali ti fai mille domande e ti chiedi perché.
Ma continui a vivere e sperare e cerchi di dimenticare.
Poi arriva una telefonata inattesa che ti catapulta in un passato vicino.
Ti dicono che bisogna rifare un prelievo, perché dall'esame istologico.....oddio, spengo la tv, mi siedo, tremo, penso a Principessa....risulta che alcune parti della placenta non sono state espulse, c'è stata un'emorragia il giorno prima e potrebbero essere andate via col sangue che lava ogni cosa, ma devono essere sicuri.
In qualche modo ti tranquillizzi, smetti di tremare, le guance si colorano di nuovo e pensi che domani andrai a fare il prelievo.
Arriva domani.
Sei davanti alla posta del reparto e ti senti di nuovo le gambe molli. Stanza n° 1 letto n° 3. Lo trovi vuoto, nessuno oggi occupa il tuo letto. E all'improvviso ti assalgono i ricordi.
I giorni del ricovero. Le mille domande fatte ai dottori che erano ormai stanchi di sentirsi chiedere se davvero la gravidanza doveva essere interrotta; le visite di Principessa che mi riempivano di gioia; e l'attesa del raschiamento, durata 24 ore.
E poi arriva il momento. Pensi di essere pronta, sai già da settimane che quel bambino non avrà la fortuna di nascere, ma il raschiamento è la fine di ogni sogno.
E ti portano nel blocco delle sale operatorie e senza vergogna noti subito che "per fortuna" non c'è nessun travaglio in atto, poi passi davanti alla Stanza Viola con i fiori dipinti sul soffitto, quella in cui è nata Principessa, ed infine arrivi davanti alla sala operatoria.
Ci saranno almeno 6 persone, noti con occhi spaventati, tutti parlano amabilmente di assenteismo sul posto di lavoro, e tu sei lì da sola con te stessa, poggi per l'ultima volta la mano su una pancia inesistente, ma sai che lui è lì ancora anche se per poco.
Un fulmine e pensi che almeno sei stata graziata, era troppo piccolo, non si vedeva nulla, niente battito e quindi nessun volo pindarico della mente.
Però....però soffri, ti senti trafitta dal dolore, dalla sconfitta, e le lacrime girano negli occhi ma non scendono a rigare il viso.
L'anestesia. Arriva anche la paura, paura di non rivedere Principessa, di non potere più giocare con lei, di non vederla crescere, di non potere essere un giorno orgogliosa della donna che diventerà, ma il tempo per farsi assalire dalle emozioni è finito, il soffitto inizia a girare vorticosamente e tu ti abbandoni a quello che sarà.
 
In pochi secondi ripercorri quello che hai vissuto in 3 giorni, prodigi della mente! Nel frattempo però sei arrivata davanti alla sala prelievi e ti scrolli di dosso tutto, entri, sorridi e una capo sala gentilissima ti spiega tutto, ti tranquillizza come fa una mamma quando vede la propria figlia spaventata.
Esci dal reparto sollevata, forse, in fondo in fonfo, rivivere quei momenti in qualche modo ti ha sollevata, ti sei liberata di un demone. E la speranza ritorna.

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