venerdì 29 giugno 2012


Nelle scorse settimane la mia Principessa è stata male. Abbiamo vissuto per 10 giorni chiuse in casa a combattere con febbre, vomito, diarrea, stanchezza, inappetenza e antibiotici dal gusto orrido. Sono stati giorni snervanti. Stancanti. Deliranti. Giorni in cui per l’ennesima volta mi sono ritrovata a pensare a quanto sono fortunate le mamme che lavorano. Ebbene si. Una donna/moglie/mamma che lavora arriva alla fine della giornata sicuramente meno stressata e nervosa rispetto a una donna/moglie/mamma che ha liberamente scelto di non lavorare, e di questa cosa ne sono fermamente convita, anche in virtù della mia personale esperienza.
Dopo la nascita di Principessa ho avuto modo di lavorare per alcuni mesi, mesi in cui la piccolina è stata anche male e che è stata forzatamente lasciata ai nonni perché non potevo assentarmi in ufficio. Ricordo quei mesi quasi con nostalgia, perché l‘impegno quotidiano mi costringeva, piacevolmente, a prendermi cura di me, a vestirmi sempre in un certo modo, ad essere perfetta o quanto meno presentabile, ma cosa fondamentale mi costringeva a dovere staccare mentalmente la spina, una volta entrata in ufficio io dovevo concentrarmi sul lavoro e le pause che mi concedevo le trascorrevo chiamando i nonni per avere notizie della mia bambina ma soprattutto mi dedicavo ai colleghi. Inevitabilmente corpo e mente erano lontani da casa, dai problemi, dalle preoccupazioni. Stavo meglio. Tornavo a casa la sera stanca dell’alzataccia all’alba e del viaggio in treno, ma ero carica e pronta ad affrontare il resto della giornata dividendomi tra famiglia e pulizie. Stavo meglio, ero appagata, soddisfatta, sempre in ordine, ma soprattutto io ogni giorno staccavo la spina.
Adesso non è più così. Ho scelto di stare a casa, e non ho pentimenti. Ma ci sono giorni in cui mi sento soffocare. Giorni come le scorse settimane, quando il mio unico e perpetuo pensiero era Principessa che non stava bene. Quando alle 5 del pomeriggio mi rendevo conto di non essermi ancora lavata il viso. Quando senti che il mondo in cui hai scelto di vivere è talmente immenso di emozione ma altrettanto privo di vie di fuga. Quando ti guardi allo specchio e ti rendi conto che l’immagine che vedi riflessa nello specchio non ti appartiene perché non sei tu quella con il viso tirato, le occhiaie, le sopracciglia incolte, i capelli bianchi che spuntano da una criniera assolutamente non in ordine! Non sei tu quella donna che sogna solo di andare a letto e dormire ininterrottamente fino al giorno dopo!
 Ed in quei giorni ho detestato, quasi odiato, quelle donne che ti guardano come se fossi una pazza quando dico che sono stanca e stressata. Ho detestato, quasi odiato, il senso di timore che avevo quando provavo a lamentarmi con amici o parenti del mio stare rinchiusa in casa. Perché la verità è che la donna che non lavora non ha considerazione alcuna da parte degli altri. La donna che non lavora per l’opinione comune non ha diritto di lamentarsi di stanchezza, mancanza di riposo, poca cura di se stessa, mancanza di tempo. Eppure è così. Una donna/moglie/mamma che non lavora non sempre è libera come l’aria, non sempre ha il tempo per uscire, fare shopping, andare dall’estetista, ma il più delle volte è concentrata sui suoi figli, sul marito, sulla casa e quasi mai su se stessa.
La donna/moglie/mamma che non lavora è un contenitore di altruismo, di amore totale e incondizionato verso gli altri e non ha spazio per pensare a se stessa o esclusivamente a se stessa.  E per questo va rispetta nello stesso identico modo in cui si rispetta una donna che lavora. La considerazione deve essere identica e messa sulla bilancia utilizzando pesi identici. Perché fare la mamma e la moglie a tempo pieno è un lavoro che si sceglie liberamente di intraprendere, è una carriera senza scatti di anzianità e retribuzione, è un lavoro a tutti gli effetti, che non comporta l’ausilio di baby sitter, tate, nonni, donne di servizio, ma si sceglie di farlo da sola, e comporta fatica.

Quando mi chiedono che lavoro faccio io da qualche tempo ormai non rispondo più che sono una casalinga, ma rispondo dicendo che il mio lavoro è fare la mamma e la moglie. E non me ne vergogno più. Anzi mi sento orgogliosa, e in alcuni casi mi sento anche un gradino più in alto rispetto ad altre donne.

giovedì 7 giugno 2012


Il momento giusto.

Cresciamo con l’idea che quando arriverà il momento giusto per sposarci e per avere dei figli lo riconosceremo. Ma sarà davvero così? Secondo me no.

Quando mi ha proposto di sposarlo eravamo precari entrambi, ed eravamo spaventati dall’idea di affrontare un matrimonio senza la certezza del posto fisso. E così abbiamo deciso di rimandare di un anno. Un anno dopo eravamo ancora precari ma consapevoli del fatto che il momento giusto, ovvero la firma di un contratto a tempo indeterminato, non sarebbe arrivato presto. E così abbiamo fatto il nostro salto nel buio. Pentita? Assolutamente no, pur sapendo che quello che probabilmente quello non era il momento giusto.
Dopo pochi mesi dal matrimonio scoprire di essere incinta è stato assolutamente travolgente, consapevoli che quello era davvero un salto nel buio immenso, io ancora precaria e senza nessuna possibilità di assunzione, come avremmo vissuto? Che futuro avremmo assicurato a nostro figlio? Ma quando abbiamo sentito per la prima volta il battito del suo cuoricino tutte le paure sono svanite, e in noi ci sono state solo certezze, creare una nostra famiglia, dare la vita, sapere che presto un’appendice di noi ci avrebbe riempito le giornate, le nottate, i pensieri, ogni singolo secondo della nostra vita, un rapporto esclusivo e onnipotente che mai niente e nessuno avrebbe spezzato. Pentita? Assolutamente no, pur immaginando che quello non era il momento giusto.
Da qualche mese il desiderio di un altro figlio si è impossessato di noi.
In questi mesi ci sono state delusioni periodiche, contrattempi, pensieri e tanta stanchezza e tanto sonno, ma la voglia è ancora forte, è lì radicata in noi ed è tangibile, la accarezziamo ogni volta che vediamo una donna col pancione, ogni volta che vediamo un piccolino che ci sorride e gorgheggia, come se quei piccoli gridolini fossero un’esortazione a non mollare ma a continuare a sperare e aspettare. E’ il momento giusto? Assolutamente no, io non lavoro, ho scelto di stare a casa e di occuparmi della mia famiglia e della mia piccola principessa, sappiamo che sarà dura, che dovremo stringere la cinghia, che ci saranno difficoltà, ma in questi anni ho imparato che se avessimo aspettato l’arrivo del momento giusto non ci saremmo sposati e non avremmo una figlia. So per certo che se avessimo aspettato il momento giusto ora non avremmo quello che abbiamo e che ci riempie di gioia.

Il momento giusto per certe cose non esiste….è una favola, o forse dovrei dire una bugia che l’uomo si racconta per evitare quel salto nel buio che fa paura.