Parole dettate dalla Rabbia.
I figli ti cambiano la vita.
Nel momento stesso in cui l'hai espulsi dal tuo ventre contratto cambiano le tue prospettive. Cambiano le angolazioni da cui guardare il mondo.
Cambiano le priorità. Cambi tu.
E allora ti rendi conto che nel "quotidiano" ti metti da parte, metti da parte le paure, l'orgoglio, e tutto ciò che scorre attorno a te lo assorbi diversamente, non scivola addosso perchè niente può scivolarti addosso, ma lo guardi appunto da una prospettiva diversa.
I figli ti fanno crescere emotivamente.
E per loro vai avanti, anche quando qualcosa o qualcuno ti ferisce. E la fertita guarirà, basterà un sorriso di tuo figlio. Resterà la cicatrice a ricordarti il dolore, il tonfo al cuore che hai sentito, le gambe molli, il battito accellerato, il sangue che impetuoso circola nelle vene come un fiume che sta per esondare.
Ma i figli a volte guariscono un animo offeso dagli schiaffi della vita, dalla viltà dell'essere umano, dalla cattiveria, dalla crudeltà, dalla solitudine. E ti danno la forza di ridare a tua volta uno schiaffo alla vita.
E' sempre così? no, non è sempre così....non per tutti.
sabato 17 novembre 2012
giovedì 25 ottobre 2012
Un istante di passato.
Non mi capita mai di pensare al passato, a chi ha fatto
parte della mia vita.
Chi ha condiviso con me un tratto del mio cammino terreno è accantonato in angoli della memoria difficili da raggiungere. Troppo dolore. Troppe lacrime in quei giorni ormai lontani.
Chi ha condiviso con me un tratto del mio cammino terreno è accantonato in angoli della memoria difficili da raggiungere. Troppo dolore. Troppe lacrime in quei giorni ormai lontani.
Ma….negli ultimi giorni uno spiraglio si è aperto. All’improvviso
e per pochi istanti. E si è richiuso subito, quello spiraglio che si affacciava
su un angolo particolarmente doloroso.
Era il 1992, giugno ’92, la scuola era finita, io ero una
ragazzina che aveva da poco imparato il significato della parola “morte”, e la
morte era scesa in me, la morte dell’entusiasmo, della felicità, della
consapevolezza che mai più avrei condiviso successi e delusioni future con
colui che la vita me l’aveva donata.
Ma uno squarcio di luce arrivò in me, una luce apparente, ma
questo lo scoprii solo anni dopo, in quel momento mi sembrava la luce della
speranza e di un amore da scoprire. Mi innamorai, come si innamorano tutte le
adolescenti. Non ho mai pensato di avere sbagliato, nella vita si fanno tanti
sbagli, e ce ne accorgiamo solo quando ne paghiamo le conseguenze. No, quello
non fu uno sbaglio, perché quella storia mi lasciò qualcosa di grande, di
intenso, di forse eterno, e che è ancora in me.
Era un tipo strano, questo è certo, diverso dagli altri (io
e la diversità andiamo di pari passo), con passioni e interessi diversi. Nella
nostra comitiva tutti ascoltavano De Andrè, Guccini, De Gregori, simboli allora
di un orgoglio comunista che aleggiava in noi. Lui si distingueva, amava alla
follia Battiato e mi indottrinò…..così definiva il suo volermi avvicinare al
cantautore siciliano….ed io lo lasciai fare, e non perché solitamente “accetto”
o “faccio mio” ciò che piace a chi mi sta accanto, non sono il tipo, non fosse
altro perché mi piace stuzzicare giocando a fare il bastion contrario e
principalmente perché sono dotata di un cervello "quasi" funzionante che mi
impedisce di emulare o farmi imboccare cose che non mi appartengono solo per amore dell'amore. Del resto
amo distinguermi e non conformarmi.
Quando una storia finisce lascia, normalmente, solo un
bagaglio di delusioni e amarezza, di ricordi felici e dolorosi, di giorni pieni
di risa e di pianti, di amore e di sesso, a me ha lasciato solo un bagaglio molto più intenso, molto
più duraturo e consapevole. A me quella storia ha lasciato in eredità solo la
passione per il Maestro, il resto è
rimasto lì in quell’angolo in fondo alla memoria e lì rimarrà per sempre. Solo
per un istante l’altra sera i ricordi sono sfuggiti al controllo, e sono
affiorati, il ricordo di quei primi mesi e del primo ascolto e dell'orizzonte che mi
si è aperto.
Fu in quei primissimi mesi di relazione che mi avvicinai al mondo Battiato.
Mondi lontanissimi, questo fu il primo album che ascoltai e
fu subito amore. Il brano che mi conquistò più di tutti fu L’animale, la sentivo mia quella canzone, mi
era entrata fin nelle viscere e mi ci aggrappavo nella più totale disperazione.
Vivere non è difficile potendo poi rinascere
cambierei molte cose
un po' di leggerezza e di stupidità.
Fingere tu riesci a
fingere quando ti trovi accanto a me
mi dai sempre ragione
e avrei voglia di dirti
ch'è meglio se sto
solo ...
Ma l'animale che mi
porto dentro
non mi fa vivere
felice mai
si prende tutto anche
il caffè
mi rende schiavo
delle mie passioni
e non si arrende mai
e non sa attendere
e l'animale che mi
porto dentro vuole te.
Dentro me segni di
fuoco è l'acqua che li spegne
se vuoi farli
bruciare tu lasciali nell'aria
oppure sulla terra.
In poco tempo diventai una cultrice dell’arte di Battiato,
ascoltai ogni suo album, amai le sue canzoni, alcune le feci mie, alcune mi
accompagnarono nei momenti più bui della mia giovane vita, alcune mi fecero
sorridere per la stravaganza o per le sonorità inascoltabili, altre mi fecero
piangere per la gioia, altre mi lasciarono indifferente, altre ancora
non ho saputo comprenderle per l’astrusità del testo. Ma ancora oggi sono qui,
come 20 anni fa, ad ascoltare la sua arte, sempre intensa, in continua evoluzione,
oggi come allora leggo i suoi testi e ne resto affascinata, poesie che possono germogliare
e maturare solo in un animo straordinariamente sensibile e colto.
Sono consapevole che la sua arte non arriva dovunque, non è
quello che vuole lui, ed io me ne compiaccio. E ne godo.
Adesso che è uscito il suo nuovo lavoro mi inebrio con
sonorità nuove che si mescolano a quelle del passato, con testi tutti da
studiare e da leggere e rileggere più volte….ma ce n'è una che più di tutte mi fa tremare, un unica canzone che sin dal primo ascolto mi è entrata dentro, l'unica che mi commuove fino alle lacrime...Un
irresistibile richiamo....
Era magnifico quel tempo, com'era bello,
quando eravamo
collegati, perfettamente,
al luogo e alle
persone che avevamo scelto,
prima di nascere.
Il tuo cuore è come
una pietra coperta di muschio,
niente la corrompe.
Il tuo corpo è
colonna di fuoco affinché
arda, e faccia
ardere.
Le mie braccia si
arrendono facilmente
le tue ossa non
sentono dolore.
I minerali di cui
siamo composti,
tornano, ritornano all'acqua.
Un suono di campane
lontano,
irresistibile, il richiamo
che invita alla
preghiera del tramonto.
Gentile è lo
specchio, guardo e vedo
che la mia anima ha
un volto.
Ti saluto divinità
della mia terra...
il richiamo mi
invita.
Ciò che mi piace di Battiato? al di la delle valutazioni che gli estimatori di Battiato fanno, leggendo nei suoi testi citazioni a Dante, Teresa d'Avila, a filosofi, personaggi storici o mitologici, ognuno di noi può leggervi qualcosa, ognuno di noi leggendolo e lasciandosi andare ascoltando la sua voce pacata e le sonorità che la accompagnano può toccare e scoprire corde del proprio animo, magari sepolte, magari dimenticate, o semplicemente mai scoperte. Per me la grandezza di Battiato è questa, attraverso la sua arte si aprono porte inesplorate in noi stessi.
mercoledì 10 ottobre 2012
Una telefonata.
Sei tranquilla o almeno apparentemente lo sei. Non puoi permetterti di mostrarti sofferente, tanto nessuno capirebbe. La vita scorre tra la solita quotidianità ed attimi di solitudine che riesci a dedicarti, durante i quali ti fai mille domande e ti chiedi perché.
Ma continui a vivere e sperare e cerchi di dimenticare.
Ma continui a vivere e sperare e cerchi di dimenticare.
Poi arriva una telefonata inattesa che ti catapulta in un passato vicino.
Ti dicono che bisogna rifare un prelievo, perché dall'esame istologico.....oddio, spengo la tv, mi siedo, tremo, penso a Principessa....risulta che alcune parti della placenta non sono state espulse, c'è stata un'emorragia il giorno prima e potrebbero essere andate via col sangue che lava ogni cosa, ma devono essere sicuri.
In qualche modo ti tranquillizzi, smetti di tremare, le guance si colorano di nuovo e pensi che domani andrai a fare il prelievo.
Arriva domani.
Sei davanti alla posta del reparto e ti senti di nuovo le gambe molli. Stanza n° 1 letto n° 3. Lo trovi vuoto, nessuno oggi occupa il tuo letto. E all'improvviso ti assalgono i ricordi.
I giorni del ricovero. Le mille domande fatte ai dottori che erano ormai stanchi di sentirsi chiedere se davvero la gravidanza doveva essere interrotta; le visite di Principessa che mi riempivano di gioia; e l'attesa del raschiamento, durata 24 ore.
E poi arriva il momento. Pensi di essere pronta, sai già da settimane che quel bambino non avrà la fortuna di nascere, ma il raschiamento è la fine di ogni sogno.
E ti portano nel blocco delle sale operatorie e senza vergogna noti subito che "per fortuna" non c'è nessun travaglio in atto, poi passi davanti alla Stanza Viola con i fiori dipinti sul soffitto, quella in cui è nata Principessa, ed infine arrivi davanti alla sala operatoria.
Ci saranno almeno 6 persone, noti con occhi spaventati, tutti parlano amabilmente di assenteismo sul posto di lavoro, e tu sei lì da sola con te stessa, poggi per l'ultima volta la mano su una pancia inesistente, ma sai che lui è lì ancora anche se per poco.
Un fulmine e pensi che almeno sei stata graziata, era troppo piccolo, non si vedeva nulla, niente battito e quindi nessun volo pindarico della mente.
Però....però soffri, ti senti trafitta dal dolore, dalla sconfitta, e le lacrime girano negli occhi ma non scendono a rigare il viso.
L'anestesia. Arriva anche la paura, paura di non rivedere Principessa, di non potere più giocare con lei, di non vederla crescere, di non potere essere un giorno orgogliosa della donna che diventerà, ma il tempo per farsi assalire dalle emozioni è finito, il soffitto inizia a girare vorticosamente e tu ti abbandoni a quello che sarà.
In pochi secondi ripercorri quello che hai vissuto in 3 giorni, prodigi della mente! Nel frattempo però sei arrivata davanti alla sala prelievi e ti scrolli di dosso tutto, entri, sorridi e una capo sala gentilissima ti spiega tutto, ti tranquillizza come fa una mamma quando vede la propria figlia spaventata.
Esci dal reparto sollevata, forse, in fondo in fonfo, rivivere quei momenti in qualche modo ti ha sollevata, ti sei liberata di un demone. E la speranza ritorna.
venerdì 29 giugno 2012
Nelle scorse settimane la mia Principessa è stata male.
Abbiamo vissuto per 10 giorni chiuse in casa a combattere con febbre, vomito,
diarrea, stanchezza, inappetenza e antibiotici dal gusto orrido. Sono stati
giorni snervanti. Stancanti. Deliranti. Giorni in cui per l’ennesima volta mi
sono ritrovata a pensare a quanto sono fortunate le mamme che lavorano. Ebbene
si. Una donna/moglie/mamma che lavora arriva alla fine della giornata sicuramente
meno stressata e nervosa rispetto a una donna/moglie/mamma che ha liberamente
scelto di non lavorare, e di questa cosa ne sono fermamente convita, anche in
virtù della mia personale esperienza.
Dopo la nascita di Principessa ho avuto modo di lavorare per
alcuni mesi, mesi in cui la piccolina è stata anche male e che è stata
forzatamente lasciata ai nonni perché non potevo assentarmi in ufficio. Ricordo
quei mesi quasi con nostalgia, perché l‘impegno quotidiano mi costringeva,
piacevolmente, a prendermi cura di me, a vestirmi sempre in un certo modo, ad
essere perfetta o quanto meno presentabile, ma cosa fondamentale mi costringeva
a dovere staccare mentalmente la spina, una volta entrata in ufficio io dovevo
concentrarmi sul lavoro e le pause che mi concedevo le trascorrevo chiamando i
nonni per avere notizie della mia bambina ma soprattutto mi dedicavo ai
colleghi. Inevitabilmente corpo e mente erano lontani da casa, dai problemi,
dalle preoccupazioni. Stavo meglio. Tornavo a casa la sera stanca dell’alzataccia
all’alba e del viaggio in treno, ma ero carica e pronta ad affrontare il resto della
giornata dividendomi tra famiglia e pulizie. Stavo meglio, ero appagata,
soddisfatta, sempre in ordine, ma soprattutto io ogni giorno staccavo la spina.
Adesso non è più così. Ho scelto di stare a casa, e non ho
pentimenti. Ma ci sono giorni in cui mi sento soffocare. Giorni come le scorse
settimane, quando il mio unico e perpetuo pensiero era Principessa che non
stava bene. Quando alle 5 del pomeriggio mi rendevo conto di non essermi ancora
lavata il viso. Quando senti che il mondo in cui hai scelto di vivere è
talmente immenso di emozione ma altrettanto privo di vie di fuga. Quando ti
guardi allo specchio e ti rendi conto che l’immagine che vedi riflessa nello
specchio non ti appartiene perché non sei tu quella con il viso tirato, le
occhiaie, le sopracciglia incolte, i capelli bianchi che spuntano da una criniera
assolutamente non in ordine! Non sei tu quella donna che sogna solo di andare a
letto e dormire ininterrottamente fino al giorno dopo!
Ed in quei giorni ho
detestato, quasi odiato, quelle donne che ti guardano come se fossi una pazza
quando dico che sono stanca e stressata. Ho detestato, quasi odiato, il senso
di timore che avevo quando provavo a lamentarmi con amici o parenti del mio
stare rinchiusa in casa. Perché la verità è che la donna che non lavora non ha
considerazione alcuna da parte degli altri. La donna che non lavora per l’opinione
comune non ha diritto di lamentarsi di stanchezza, mancanza di riposo, poca
cura di se stessa, mancanza di tempo. Eppure è così. Una donna/moglie/mamma che
non lavora non sempre è libera come l’aria, non sempre ha il tempo per uscire,
fare shopping, andare dall’estetista, ma il più delle volte è concentrata sui
suoi figli, sul marito, sulla casa e quasi mai su se stessa.
La donna/moglie/mamma che non lavora è un contenitore di
altruismo, di amore totale e incondizionato verso gli altri e non ha spazio per
pensare a se stessa o esclusivamente a se stessa. E per questo va rispetta nello stesso identico
modo in cui si rispetta una donna che lavora. La considerazione deve essere
identica e messa sulla bilancia utilizzando pesi identici. Perché fare la mamma
e la moglie a tempo pieno è un lavoro che si sceglie liberamente di
intraprendere, è una carriera senza scatti di anzianità e retribuzione, è un
lavoro a tutti gli effetti, che non comporta l’ausilio di baby sitter, tate,
nonni, donne di servizio, ma si sceglie di farlo da sola, e comporta fatica.
Quando mi chiedono che lavoro faccio io da qualche tempo
ormai non rispondo più che sono una casalinga, ma rispondo dicendo che il mio
lavoro è fare la mamma e la moglie. E non me ne vergogno più. Anzi mi sento
orgogliosa, e in alcuni casi mi sento anche un gradino più in alto rispetto ad
altre donne.
giovedì 7 giugno 2012
Il momento giusto.
Cresciamo con l’idea che quando arriverà il momento
giusto per sposarci e per avere dei figli lo riconosceremo. Ma sarà davvero
così? Secondo me no.
Quando mi ha proposto di sposarlo eravamo precari
entrambi, ed eravamo spaventati dall’idea di affrontare un matrimonio senza la
certezza del posto fisso. E così abbiamo deciso di rimandare di un anno. Un
anno dopo eravamo ancora precari ma consapevoli del fatto che il momento
giusto, ovvero la firma di un contratto a tempo indeterminato, non sarebbe
arrivato presto. E così abbiamo fatto il nostro salto nel buio. Pentita? Assolutamente
no, pur sapendo che quello che probabilmente quello non era il momento giusto.
Dopo pochi mesi dal matrimonio scoprire di essere
incinta è stato assolutamente travolgente, consapevoli che quello era davvero
un salto nel buio immenso, io ancora precaria e senza nessuna possibilità di
assunzione, come avremmo vissuto? Che futuro avremmo assicurato a nostro
figlio? Ma quando abbiamo sentito per la prima volta il battito del suo cuoricino
tutte le paure sono svanite, e in noi ci sono state solo certezze, creare una
nostra famiglia, dare la vita, sapere che presto un’appendice di noi ci avrebbe
riempito le giornate, le nottate, i pensieri, ogni singolo secondo della nostra
vita, un rapporto esclusivo e onnipotente che mai niente e nessuno avrebbe
spezzato. Pentita? Assolutamente no, pur immaginando che quello non era il
momento giusto.
Da qualche mese il desiderio di un altro figlio si è
impossessato di noi.
In questi mesi ci sono state delusioni periodiche,
contrattempi, pensieri e tanta stanchezza e tanto sonno, ma la voglia è ancora
forte, è lì radicata in noi ed è tangibile, la accarezziamo ogni volta che
vediamo una donna col pancione, ogni volta che vediamo un piccolino che ci
sorride e gorgheggia, come se quei piccoli gridolini fossero un’esortazione a
non mollare ma a continuare a sperare e aspettare. E’ il momento giusto? Assolutamente
no, io non lavoro, ho scelto di stare a casa e di occuparmi della mia famiglia
e della mia piccola principessa, sappiamo che sarà dura, che dovremo stringere
la cinghia, che ci saranno difficoltà, ma in questi anni ho imparato che se
avessimo aspettato l’arrivo del momento giusto non ci saremmo sposati e non
avremmo una figlia. So per certo che se avessimo aspettato il momento giusto ora
non avremmo quello che abbiamo e che ci riempie di gioia.
Il momento giusto per certe cose non esiste….è una
favola, o forse dovrei dire una bugia che l’uomo si racconta per evitare quel
salto nel buio che fa paura.
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